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Dolore all’anca: come si manifesta e come curarlo?

Il dolore all’anca, tecnicamente “coxalgia”, è un problema molto diffuso, perché interessa una delle articolazioni più sollecitate del nostro corpo. Quando siamo in movimento, infatti, è l’anca che sopporta gran parte del carico meccanico.

Il dolore all’anca può essere causato da traumi, malattie degenerative o infiammazione dei tessuti articolari, quindi è un sintomo che non va affatto sottovalutato. Una coxalgia, per esempio, può essere la manifestazione di patologie gravi, come l’artrosi degenerativa dell’anca e l’osteonecrosi della testa del femore, malattie la cui diagnosi precoce è fondamentale per prevenire una degenerazione rapida e invalidante.

Come si manifesta la coxalgia

Il dolore all’anca si manifesta di solito all’altezza dell’inguine, del gluteo e può irradiarsi lungo la coscia, fino al ginocchio. Generalmente insorge quando si cammina, si corre o si fanno le scale: cioè quando il paziente carica sull’articolazione e la muove. Quando è a riposo, invece, normalmente il dolore si attenua.
Può interessare solo l’anca sinistra o la destra, ma in alcuni casi è bilaterale, se entrambe le anche sono doloranti.

Quali sono i pazienti più colpiti e le cause del dolore all’anca?

La coxalgia colpisce pazienti di tutte le età e genere, ma interessa soprattutto le persone anziane, alcuni bambini, le persone obese, gli sportivi e chi ha subìto un trauma. In alcuni di questi pazienti spesso la causa scatenante è una patologia, nei seguenti paragrafi vediamo quali sono le malattie più frequenti alla base della coaxalgia e come trattarle.

Pazienti anziani: coxartrosi e terapie per rallentarne il decorso

Nei pazienti anziani (oltre i 60 anni), la causa principale del dolore all’anca è l’artrosi degenerativa, che è anche la più comune patologia dell’anca nell’adulto.

L’artrosi dell’anca (coxartrosi) è una malattia cronico-degenerativa che provoca un progressivo assottigliamento dello strato di cartilagine, fino a che l’osso non risulta esposto e, per l’attrito causato dal movimento, si addensa, producendo gli osteofiti (escrescenze appuntite).
Col tempo i muscoli si retraggono e il paziente sviluppa le deformità tipiche dello stadio avanzato di questa malattia: anche semiflesse, rigide e ruotate all’esterno.

Si tratta di una patologia invalidante che va diagnosticata il prima possibile per cercare di rallentarne il decorso.

Ne consegue che la scelta della terapia più efficace dipende dallo stadio della malattia.

Quando l’artrosi degenerativa è ai primi stadi, si possono assumere antinfiammatori e antidolorifici per attenuare il dolore e iniziare una terapia con infiltrazioni di cellule mesenchimali derivate dal tessuto adiposo del paziente, che hanno ottime proprietà rigeneranti: riescono infatti a riparare anche la cartilagine, un tessuto che una volta lesionato, è difficile da ricostituire.
Quando invece il paziente non sopporta più il dolore e fatica a muoversi, l’unica soluzione è l’impianto di una protesi d’anca.

Bambini: displasia congenita dell’anca, trattamenti in età pediatrica e adulta

Alla nascita, un piccola percentuale di bambini presenta una displasia congenita dell’anca. Si tratta di una deformità dell’articolazione che inizia durante la vita intrauterina: l’articolazione si presenta lassa per cui, ad una leggera pressione del pediatra, la testa del femore esce e rientra dall’acetabolo. Se l’instabilità non viene diagnosticata subito e non viene trattata, la patologia degenera finché non si verifica una lussazione permanente dell’anca, che degenera in coxartrosi.

Finché il paziente è neonato, di solito è possibile correggere l’anca displasica con un divaricatore e renderla normale. Nell’adulto, invece, il trattamento dipende dallo stadio della malattia. Se non sono ancora presenti segni di artrosi o sono appena iniziati, si può ricorrere ad interventi chirurgici correttivi, nel primo caso ad una osteotomia di riorientamento, nel secondo ad una osteotomia di Chiari. Quando invece l’artrosi è conclamata, è necessario ricorrere ad una protesi d’anca.

Persone obese: osteonecrosi della testa del femore e core decompression

L’osteonecrosi della testa del femore è una malattia simile all’infarto: una porzione del femore non riceve più sangue (si verifica un’ischemia) e il tessuto osseo muore. Le cause di questa patologia non sono perfettamente note, ma sembra che vi siano alcuni fattori di rischio: fra questi l’obesità e alcune patologie spesso connesse al sovrappeso (colesterolo e trigliceridi alti), oltre ad altri fattori come diabete mellito, iperucemia e abuso di alcool.

Questa patologia può essere curata solo nelle fasi iniziali, perché, una volta che la testa femorale si è appiattita, evolve irreversibilmente verso un’artrosi degenerativa dell’anca.

Quindi è molto importante non sottovalutare il dolore all’anca, che nell’osteonecrosi si presenta in modo brusco: è un dolore intenso, presente anche a riposo e localizzato a livello dell’inguine, talvolta anche del gluteo.

Prima che la testa femorale si appiattisca (e qui l’unica soluzione è la protesi), è possibile ricorrere a procedure di salvataggio: trapianto di perone o decompressione della testa femorale (core decompression)

Dolore all’anca: quando rivolgersi al chirurgo ortopedico

Se il dolore all’anca è persistente, acuto e ancor di più se impedisce al paziente di muoversi agevolmente, è molto importante prenotare il prima possibile un appuntamento con un chirurgo ortopedico specializzato nella cura delle patologie dell’anca. Come abbiamo visto, la diagnosi precoce è determinante per prevenire la coxartrosi, che si risolve nella maggior parte dei casi solo con l’impianto di una protesi.

 

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